Polanski: lasciar cadere l’accusa di stupro (nel '77 abusò di una 13enne) in virtù della fama, della petizione firmata da molti nomi dello spettacolo e del fatto che la vittima l’ha perdonato o non insabbiare un caso così grave solo perché è famoso?
Il caso di Roman Polanski tiene banco da giorno e ha letteralmente diviso l’opinione pubblica. Da una parte un regista premio Oscar, particolarmente sfortunato nella sua vita privata (le persecuzioni naziste quando era bambino, la morte della madre e il terribile massacro della moglie Sharon Tate, incinta all’ottavo mese, nel 1969, per opera della setta satanica di Charles Manson), in attesa di essere condannato negli Usa per un caso vecchio di 30 anni per il quale si è sempre detto "non del tutto colpevole" e ora fermato e incarcerato a Zurigo per poi essere estradato negli stati Uniti, dove la sentenza è sempre pendente. Dall’altra un uomo di 76 anni che quando ne aveva 43, nel 1977, ha abusato sessualmente di una 13enne sotto l’effetto di alcol e droga, in cambio di una carriera nel mondo dello spettacolo. E che ancora oggi rischia fino a 50 anni di carcere.
E non importa che la vittima, Samantha Geimer, oggi 45enne sposata con tre figli, l’abbia ormai perdonato chiedendo addirittura l’archiviazione del caso. Né che il regista, che ha sempre dichiarato come la ragazza, seppur minorenne, fosse consenziente, abbia abbandonato gli Stai Uniti da quel lontano 1978 senza farvi mai ritorno, nemmeno per il ritiro dell’Oscar, proprio per evitare il processo e l’inevitabile condanna.
E neppure la petizione mondiale, arrivata già a oltre 100 firme, cui hanno aderito tanti nomi importanti dello spettacolo, da Woody Allen a Martin Scorse, da David Linch a Michael Mann, Wim Wenders e Pedro Almodovar. Compresi i gli italiani Ettore Scola, Giuseppe Tornatore, Marco Bellocchio, Paolo Sorrentino e Michele Placido. E pure molte donne: Monica Bellucci, Asia Argento, Jeanne Moreau, Fanny Ardant e Tilda Swinton.
Tutti "costernati" e "stupefatti" per l'arresto del collega: "È inammissibile -si legge nella petizione-, che una manifestazione culturale internazionale (Polanski è stato fermato mentre si recava a ritirare un premio alla carriera al Zurich Film Festival), che rende omaggio a uno dei più grandi cineasti contemporanei, possa essere trasformata in una trappola poliziesca". Per questo chiedono la scarcerazione immediata del regista, auspicando che possa tornare a lavorare serenamente il prima possibile
Ma la giustizia statunitense non perdona, ha la memoria lunga, come tanta parte dell’opinione pubblica. "La giustizia è uguale per tutti", tuonano i "contro". Compreso qualche collega, che nonostante la stima e l’affetto per Roman, ritiene che si debba pagare per le proprie azioni negative. Come Luc Besson.
All’epoca venne fuori che il rapporto era stato favorito dalla stessa madre della ragazzina, amica del regista, al fine di favorirne la carriera nel mondo dello spettacolo. In pratica un caso di Castin couch (atto di prostituzione con regista o produttore per avere una parte) e che Samantha, seppur giovanissima, era già molto disinibita a livello sessuale. Ma "uno stupro non vai mai perdonato", tuonano le associazioni femministe, e "la giustizia non deve avere pesi e misure diverse per i ricchi e famosi. Il perdono di Samantha è un gesto nobile, ma è giusto che lui paghi per quel che ha fatto".
[b][i]Uno stupro è sempre uno stupro, e non bisogna mai usare due metri e due misure per quantificarne la gravità.
Nulla toglie che quest'uomo è stato soggetto a dolori indicibili nella sua vita. Naturalmente questa è solo una considerazione e non una giustificazione alle sue azioni.
Il caso di Roman Polanski tiene banco da giorno e ha letteralmente diviso l’opinione pubblica. Da una parte un regista premio Oscar, particolarmente sfortunato nella sua vita privata (le persecuzioni naziste quando era bambino, la morte della madre e il terribile massacro della moglie Sharon Tate, incinta all’ottavo mese, nel 1969, per opera della setta satanica di Charles Manson), in attesa di essere condannato negli Usa per un caso vecchio di 30 anni per il quale si è sempre detto "non del tutto colpevole" e ora fermato e incarcerato a Zurigo per poi essere estradato negli stati Uniti, dove la sentenza è sempre pendente. Dall’altra un uomo di 76 anni che quando ne aveva 43, nel 1977, ha abusato sessualmente di una 13enne sotto l’effetto di alcol e droga, in cambio di una carriera nel mondo dello spettacolo. E che ancora oggi rischia fino a 50 anni di carcere.
E non importa che la vittima, Samantha Geimer, oggi 45enne sposata con tre figli, l’abbia ormai perdonato chiedendo addirittura l’archiviazione del caso. Né che il regista, che ha sempre dichiarato come la ragazza, seppur minorenne, fosse consenziente, abbia abbandonato gli Stai Uniti da quel lontano 1978 senza farvi mai ritorno, nemmeno per il ritiro dell’Oscar, proprio per evitare il processo e l’inevitabile condanna.
E neppure la petizione mondiale, arrivata già a oltre 100 firme, cui hanno aderito tanti nomi importanti dello spettacolo, da Woody Allen a Martin Scorse, da David Linch a Michael Mann, Wim Wenders e Pedro Almodovar. Compresi i gli italiani Ettore Scola, Giuseppe Tornatore, Marco Bellocchio, Paolo Sorrentino e Michele Placido. E pure molte donne: Monica Bellucci, Asia Argento, Jeanne Moreau, Fanny Ardant e Tilda Swinton.
Tutti "costernati" e "stupefatti" per l'arresto del collega: "È inammissibile -si legge nella petizione-, che una manifestazione culturale internazionale (Polanski è stato fermato mentre si recava a ritirare un premio alla carriera al Zurich Film Festival), che rende omaggio a uno dei più grandi cineasti contemporanei, possa essere trasformata in una trappola poliziesca". Per questo chiedono la scarcerazione immediata del regista, auspicando che possa tornare a lavorare serenamente il prima possibile
Ma la giustizia statunitense non perdona, ha la memoria lunga, come tanta parte dell’opinione pubblica. "La giustizia è uguale per tutti", tuonano i "contro". Compreso qualche collega, che nonostante la stima e l’affetto per Roman, ritiene che si debba pagare per le proprie azioni negative. Come Luc Besson.
All’epoca venne fuori che il rapporto era stato favorito dalla stessa madre della ragazzina, amica del regista, al fine di favorirne la carriera nel mondo dello spettacolo. In pratica un caso di Castin couch (atto di prostituzione con regista o produttore per avere una parte) e che Samantha, seppur giovanissima, era già molto disinibita a livello sessuale. Ma "uno stupro non vai mai perdonato", tuonano le associazioni femministe, e "la giustizia non deve avere pesi e misure diverse per i ricchi e famosi. Il perdono di Samantha è un gesto nobile, ma è giusto che lui paghi per quel che ha fatto".
[b][i]Uno stupro è sempre uno stupro, e non bisogna mai usare due metri e due misure per quantificarne la gravità.
Nulla toglie che quest'uomo è stato soggetto a dolori indicibili nella sua vita. Naturalmente questa è solo una considerazione e non una giustificazione alle sue azioni.