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lo stupro umanitario

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1lo stupro umanitario Empty lo stupro umanitario Mer 25 Giu 2008, 19:30

Valentina

Valentina

Che lo stupro sia stato nella storia dei conflitti armati - e lo sia tutt 'oggi - una pessima abitudine diffusa tra i sodati in guerra non è certamente una novità. Così è sempre stato: "lo stupro prospera in tempo di guerra indipendentemente dalla nazionalità o dalla località geografica [...] Lo stupro in guerra è un atto consueto con una scusante consueta " e, proprio in nome della "vittoria e del potere del fucile, la guerra fornisce agli uomini una tacita licenza di violentare " (Brownmiller, 1976:35-36). Queste le parole di Susan Brownmiller che, nel 1976 in Contro la nostra volontà – testo considerato il "manifesto " della teoria femminista sullo stupro – ha dedicato un intero capitolo agli stupri commessi in guerra. In guerra violentare le donne dei nemici non solo è tollerato, ma autorizzato e suggerito in quanto lo stupro, oltre a permettere ai soldati di sfogare sadismi repressi, colpisce gli avversari nella "proprietà " allo stesso modo che il saccheggio e la distruzione.
Ma oggi, quello che semmai può sorprendere qualcuno è che lo stupro sia una pratica abbastanza diffusa anche tra le forze armate in missione di pace per la tutela dei diritti umani delle vittime civili di guerra: i casi più recenti – Congo, Bosnia, Sierra Leone, Rwanda e Kosovo – hanno sollevato per la prima volta un 'ondata di indignazione a livello internazionale, dando la possibilità di cominciare a parlare anche delle violenze sessuali "ordinarie " compiute dai peacekeepers. Tutto questo – è importante sottolinearlo – non è certamente avvenuto perchè questi crimini rappresentano una novità, né per la loro efferatezza, ma perchè due movimenti sociali, il femminismo e l 'anti-militarismo, negli ultimi trent 'anni hanno profondamente messo in discussione da una parte l 'idea della donne come proprietà pubblica, dall 'altra il mito dell 'eroe di guerra a cui, in quanto tale, tutto è permesso.','Brownmiller afferma infatti che "quando l 'uccidere è visto come un comportamento non solo ammissibile ma addirittura eroico, sanzionato dal proprio governo o dalla propria causa, la sottile distinzione fra la soppressione di una vita umana e altre forme di intollerabile violenza va perduta, e lo stupro diventa una deplorevole ma inevitabile conseguenza secondaria del necessario gioco chiamato guerra " (Brownmiller, 1976:36).
Risale allo scorso anno lo "scandalo Onu " che ha visto incriminare troppi soldati Onu in missione peacekeeping nella Repubblica Domocratica del Congo. Pesanti e molteplici le accuse rivolte ai Caschi Blu che si sono resi responsabili di numerose violenze carnali su donne e ragazze ancora minorenni. Lo scandalo ha riguardato centinaia di soldati provenienti da Uruguay, Pakistan, Nepal, Marocco, Tunisia, Sudafrica e Francia, i quali chiedevano favori sessuali in cambio di cibo, acqua o piccoli doni a bambine anche tredicenni già con figli piccoli da mantenere o ad orfani abbandonati. Molte di queste ragazzine che hanno partorito in seguito a ripetuti stupri subiti da parte degli stessi soldati Onu, si sono poi ritrovate sole e con un figlio nato da uno stupro, ad essere ripudiate definitivamente e allontanate violentemente dalla propria tribù di appartenenza e dalla loro famiglia, proprio perchè certe culture e tradizioni, lo sappiamo, non permettono più ad una donna "impura " di sposarsi e costruire una famiglia all 'interno del popolo di appartenenza. Tutto questo ha costretto inevitabilmente molte donne, per lo più bambine, ad incominciare a prostituirsi – e farlo poi per tutta la vita – per riuscire a mantenere quei figli nati da una violenza, per di più commessa da soldati che in quel luogo e contesto avrebbero dovuto ripristinare la pace. Come si afferma nel rapporto pubblicato il 24 Marzo 2005 dal Principe al-Hussein, ambasciatore della Giordania all 'Onu: "la realtà della prostituzione e degli abusi sessuali nei contesti di peacekeepers è specialmente inquietante e sconcertante perchè le Nazioni Unite hanno avuto il mandato di entrare a far parte di una società devastata dalla guerra per aiutarla e non per abusare della fiducia riposta dalle popolazioni locali ". Questo rapporto dal titolo "Una strategia comprensiva per eliminare futuri abusi e sfruttamenti sessuali nelle operazioni di peacekeepers dell 'Onu ", rapprsenta uno studio altamente critico e fondamentale per i nostri tempi che, per la prima volta, ha condannato questi atti vergognosi come una gravissima "violazione del dovere fondamentale della custodia e difesa dei popoli in guerra ". Il rapporto pubblicato dal Principe al-Hussein e confermato dal Segretario generale dell 'Onu Kofi Annan è stato commissionato per riformare il comportamento delle truppe nelle missioni e per mettere a punto una nuova strategia investigativa per determinare e impedire ai sodati di abusare di donne e minori che sono spesso rifugiati.
Una delle precauzioni possibili dichiarata nel rapporto è quella di mettere al bando qualsiasi tipo di rapporto sessuale tra forze di pace e popolazioni locali. Questo aiuterebbe a proteggere la reputazione e la credibilità della missione e a salvaguardare la popolazione locale soggetta ad abusi e violenze di ogni tipo. Ma le raccomandazioni più radicali contenute nel rapporto riguardano le proposte per favorire le indagini sugli abusi sessuali: si prospetta l 'ipotesi di mettere a punto delle Corti Marziali nelle aree delle missioni per assicurare un accesso immediato alle vittime di violenza e alle prove, ciò dimostrerebbe che non c 'è impunità per gli atti di sfruttamento sessuale compiuti dai membri dei contingenti militari.
Non è comunque la prima volta che i caschi Blu si macchiano di crimini tanto orribili ma, purtroppo, spesse volte queste violenze rimangono impunite e sommerse nella vergogna e nel silenzio di molte donne: nel 2003 un rapporto di Human Rights Watch ha documentato e denunciato stupri e violenze di ogni genere in Sierra Leone nella guerra civile tra il 1991 e il 2002 perpetrati da guerriglieri dei diversi fronti, dall 'esercito e dai miliziani filogovernativi e ancora una volta dalle forze di peacekeeping internazionale. Il rapporto di Hrw cita alcuni epsodi di violenza (in tutto si calcolano centinaia di testimonianza raccolte) tra cui lo stupro nella località di Bo di una dodicenne e una violenza sessuale collettiva a Kenema. L 'Onu ha istituito una Corte speciale per la Sierra Leone (SCSL) e una Commissione per la verità e la riconciliazione (TRC) e a questo proposito Hrw chiede che le due istanze prendano in considerazione questo tipo di crimine e che la cooperazione internazionale si sforzi, in accordo col governo di promuovere progetti terapeutici di salute mentale per aiutare le vittime anche di questo terribile aspetto della guerra. Secondo il dossier, infatti, assassini e violentatori continuano a godere dell 'impunità e del silenzio di molte vittime che, ancora oggi, hanno difficoltà enormi a raccontare e denunciare gli abusi subiti temendo ritorsioni e vendette. Lo stupro commesso in guerra è stato riconosciuto come "crimine " per la prima volta nel 1998 quando il Tribunale penale internazionale dell 'Aia per la ex Yugoslavia ha condannato un miliziano croato. Da qui anche il titolo della conferenza tenutasi a Vienna nel 1999: "Rape is a war crime "(lo stupro è un crimine di guerra), che rivela come anche le cosiddette forze di pace delle Nazioni Unite si siano rese responsabili di azioni gravissime nei confronti di donne e ragazze della popolazione civile che, invece, avrebbero dovuto proteggere.
Non meno drammatico è il caso del Kosovo durante la guerra del 1999: oltre 2000 vittime di cui nessuno parla che, come nel caso delle donne congolesi, vengono spesso emarginate dalla stessa società in cui vivono a causa del disonore subito. Ancora una volta gli stupri servivano come arma per spezzare la comunità degli Albanesi kosovari, moralmente e psicologicamente. Nel Rapporto sul Kosovo "Lo stupro come arma della pulizia etnica " (Human Rights Watch, 2000) vengono descritti ampiamente molti casi di violenze anche su ragazze minorenni alle quali, a differenza di altre vittime di quella guerra, non è stata prestata un 'adeguata attenzione sugli orribili crimini commessi. Piuttosto, la maggior parte di esse è stata allontanata e dimenticata dalle proprie famiglie e dalla società. Mille di queste vittime, e in molti casi anche i loro figli, sono state dimenticate da gran parte del mondo.
Radhika Coomaraswamy, relatrice speciale per le Nazioni Unite sulla Violenza contro le Donne, durante la presentazione a Ginevra del rapporto della Commissione Onu per i diritti umani sulla violenza contro la donna, ha parlato di abusi sessuali e di "brutalià inimmaginabili " commessi da militari e civili delle missioni delle Nazioni Unite, ricordando anche l 'accusa mossa contro soldati italiani impegnati in operazioni di pace in Somalia fra il '92 e il '95.
Dunque, ci sembra che i "buoni propositi " di proteggere donne e minori da queste conseguenze atroci che la guerra porta con sé, restino dietro un velo di intenti non concretizzabile ai fini della salute e della tutela di queste persone. A questo proposito ricordiamo che la protezione delle donne nei conflitti armati è una delle priorità della comunità internazionale e che il programma di azione formulato a Pechino nel 1995, nel quadro delle Nazioni Unite, lo dimostra: durante la Quarta conferenza mondiale sulle donne, si è infatti stabilito che le conseguenze dei conflitti armati sulle donne rientrano in un campo critico che richiede un 'azione da parte di questa comunità.

Francesca Scarano

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